Rivoltateli
I bilanci e i libri contabili degli Agnelli-Elkann vanno rivoltati come un calzino; gli agenti della guardia di finanza devono spremere ogni singolo centesimo sottratto al pubblico erario. I membri di questa famiglia di ladroni gaudenti, industriali a tempo perso, adusi al peculato e alla malversazione, sono i più voraci animali spazzini della savana, esperti nel ripulire le carcasse della concorrenza (da Olivetti a Gardini passando per Rizzoli). Via dall'Italia questi gabbamondo che sanno fare tutto fuorché impresa! Il tronfio cosmopolita Alain, padre di John, Lapo, Ginevra e forse di Eta Beta Elkann, va in giro a sbandierare tomi di cui conosce a malapena i titoli; ad appallottolare caccole di varia umanità; a descrivere dettagliatamente le sue sofferte letture impegnate, la sua inseparabile ventiquattrore, le sue giacche stazzonate da gagà impermalito dall'andropausa. Elkann è il prototipo e la parodia dell'intellò italo-israeliano barricato nei propri pregiudizi, tirannicamente avverso al contraddittorio e al pluralismo, allergico alla folla anonima che ha smesso di invidiarlo e ascoltarlo, geloso del suocero puttaniere riverito e invidiatissimo. Il connubio Agnelli-Elkann, ancor prima di una connotazione politica o geopolitica, possiede una connotazione pratica: l'innata incapacità imprenditoriale.
I loro rampolli sono dei peracottari che sperperano i denari pubblici generosamente elargitigli dalle istituzioni in affari raramente profittevoli. Gentucola che si fa mettere in sala d'aspetto e si fa turlupinare dal CR7 di turno. Disinfettate l'Italia, cacciateli via.