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Del bonobo, dell'Homo di Neanderthal e del filosofo scozzese

Ormai tutti conoscono le diverse strategie sociali adottate dagli scimpanzé (Pan troglodytes) e dai bonobo (Pan paniscus), i nostri cugini più prossimi. Gli studi dimostrano che condividiamo con ciascuna di queste specie aspetti che non condividiamo con l'altra; sembra inoltre che i bonobo siano più simili a noi di quanto non lo siano agli scimpanzé (ma il campo è in evoluzione costante).
Le due specie adottano strategie sociali opposte:
1- Gli scimpanzé hanno una società aggressiva, dove i pochi maschi combattono per il potere. Le femmine assistono a questi scontri, potendo fare ben poco. Quando due diversi gruppi si incontrano, si arriva a uno scontro, portato avanti dai maschi.
2- I bonobo, al contrario, sono una specie cooperativa. Le femmine del gruppo mantengono una sorta di equilibrio attraverso una politica sessuale/alimentare di condivisione. Quando due diversi gruppi si incontrano, dopo un iniziale momento di urla e diffidenza diretto dai maschi, le femmine si incontrano e avviano un incontro sessuale tra i gruppi. Le risorse alimentari vengono divise e la tensione viene gestita attraverso un rapporto sessuale di gruppo.

Giorni fa, in diversi post, abbiamo parlato dell'esogamia femminile nei gruppi del Neolitico europeo (in Francia e Inghilterra) e nei Neanderthal. Il dato mostrava la virilocalità della famiglia e l'esistenza di reti organizzate di scambio delle donne.
Può sembrare che le donne fossero usate come merce di scambio tra gruppi, ma questo non è dimostrato dagli scavi.
Sappiamo per certo, che le donne arrivavano da altri gruppi, ma la varietà e la sepoltura all'interno del "cimitero di famiglia" vicino a coniugi e figli, non ci fanno supporre che queste fossero trattate come membri di serie B. Anzi, per il sito francese abbiamo supposto una monogamia rigida (tutti i figli sono delle stesse coppie), questo fra presupporre che le compagne avessero un forte riconoscimento nel ruolo di portatrici di un pool genetico esterno.
Nel sito inglese, invece, ci sono casi di poligamia, ma anche casi di quelle che sembrano adozione di figli di precedenti unioni (cioè figli di altri padri); i figliastri sono sepolti vicino alle madri e attorno al nuovo padre, al pari dei figli naturali della coppia.

Gli antropologi, in passato, hanno supposto che la virilocalità coincidesse con il passaggio del lignaggio femminile. La tesi non è molto forte, ma potrebbe avere una qualche verità. L'esistenza di una rete di scambio genetico, magari regolarizzata con qualche formula rituale, garantiva la pace e rendeva le donne la vera cinghia di trasmissione di notizie, conoscenze e tecniche. Una nuova arrivata poteva portare notizie su un lago ricco di pesce, su una particolare caverna in cui ripararsi, su un bosco ricco di mirtilli, su una particolare lavorazione di un utensile, su qualche altro gruppo umano nelle vicinanze o un incantesimo...
Non dobbiamo proiettare la nostra visione contemporanea di famiglia, di ruoli o genere nelle famiglie preistoriche, queste potrebbero aver avuto un ordine completamente diverso, a noi incomprensibile. Per intenderci, nel Tibet pre-contatto era frequente la poliandria (una donna sposava più fratelli), questo va contro ogni nostra usanza, abbiamo cercato delle risposte da un punto di vista genetico (gli uomini per motivi di lavoro erano spesso assenti per lunghi periodi e onde evitare che la donna fosse fecondata da altri uomini, si preferiva che lo fosse da un fratello con cui si condivideva il 50% del patrimonio genetico), ma queste motivazioni sono deboli, poiché sembra che i Tibetani presero questa usanza dagli Unni Eftaliti che arrivavano un contesto diverso.

Per rifondare una buona teoria critica dovremmo mettere su uno studio incrociato di archeologia, paleoantropologia, antropologia culturale, storia delle religioni, psicoanalisi e antropologia evolutiva. C'è tanto lavoro da fare e si fatica a stare dietro agli sviluppi di ogni materia, senza poi perdere di vista il presente e le (sempre sbagliate, ma imprescindibili) analisi sul futuro (e quindi geopolitica, economia, storia, geografia, esplorazione spaziale).
Non è un lavoro che può fare un singolo, l'idea di studiare vent'anni e poi un giorno, citando Tarantino, dire: "Ecco, Pai Mei, sono pronta" è po' da megalomani.
Dobbiamo cominciare a pensare a una rete di studiosi indipendenti, a luoghi di ritrovo e scambio di idee, di conservazione e trasmissione del sapere; come dice Maurizio Tirassa dobbiamo recuperare l'idea del monastero medievale, risuonando le parole di MacIntyre che elogiava San Benedetto e la sua capacità di ricreare comunità, conservare parte del mondo antico, del suo sapere e delle sue conoscenze.
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