Mina Vagante
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"O frati" dissi, "che per cento milia

perigli siete giunti a l'occidente,

a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'è del rimanente

non vogliate negar l'esperienza,

di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza".

Inferno, canto XXVI

È Ulisse che parla, avvolto nella fiamma dell'ottava bolgia, quella dei consiglieri fraudolenti.

Non narra degli inganni per i quali merita quel posto all'Inferno, ma racconta gli ultimi istanti della sua vita, decisivi a decretarne il destino nell'aldilà.

Ulisse rappresenta quella fame di conoscenza che pure aveva Dante, ma in lui si esprime totalmente in quella hybris che lo porterà davanti al monte del Purgatorio, ma gli impedirà per sempre di accedervi.

Attraverso Ulisse, Dante vede se stesso e comprende il limite dell'intelletto umano, che non può spingersi ove, invece, si accede in virtù della Grazia divina. E la Grazia si manifesta pienamente in un cuore umile, qual è quello di Dante nel momento stesso in cui compie il lungo viaggio verso il primo Amore.

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